Consegnato a Pupi Avati il premio “Sem Benelli Zoagli 2025”

Pupi Avati, storico regista e produttore del cinema italiano e fresco del David di Donatello alla carriera, ha ricevuto ieri sera dalle mani del Sindaco Fabio De Ponti e dell’Assessore alla Cultura e Spettacolo della Regione Liguria Simona Ferro il Premio Sem Benelli Zoagli 2025.
La motivazione, letta dalla scrittrice Clizia Gurrado che ha condotto l’intervista, recita così: “A Pupi Avati per aver saputo ascoltare con slancio poetico e visionario il cuore segreto del tempo, offrendo al pubblico storie e personaggi sospesi tra realtà, memoria, malinconia e speranza. Pupi Avati nella sua lunga carriera ha costruito un universo narrativo riconoscibile e unico, intimo e al tempo stesso universale, attraversando generi diversi senza mai perdere l’autenticità del proprio sguardo, scegliendo di abitare il regno dell’arte come mondo possibile in cui trovare rifugio, rivelazione e ispirazione. Ogni suo lavoro ci ricorda che l’immaginazione per essere pienamente vissuta ha bisogno di una casa, che sia una scena, un libro, uno schermo o anche un castello proprio come quello che Sem Benelli ha costruito a Zoagli, quasi a voler rappresentare quella stanza di meraviglia custodita dentro ciascuno di noi’”.
Una serata di inconsueta piacevolezza, in cui il maestro bolognese si racconta a trecentosessanta gradi, imbarcando il pubblico in un viaggio che spazia su tutta la sua vita, in un susseguirsi di storie e aneddoti dove si mischiano divertimento e riflessioni profonde, con la capacità di creare alle sue spalle la proiezione cinematografica dei fatti narrati.
Tutto prende forma negli anni a cavallo del 1968, “quando tutto era possibile” dice il regista, persino convincere il gruppo di amici del Bar Margherita a intraprendere l’avventura del cinema e di riuscire anche a trovare un finanziatore, tal Mister X, signore della Bologna bene che investe sul loro sogno centosessanta milioni di lire in prima battuta ed altri centodieci per la seconda prova cinematografica del gruppo, entrambe finite in un fiasco. La folgorazione investe Pupi dopo avere assistito al capolavoro di Fellini “8½” e da lì inizia un percorso che lo porterà a realizzare cinquantaquattro regie e cinquantatré sceneggiature che lo consacrano come uno dei maestri indiscussi del cinema italiano.
Impiegato dopo la laurea nel settore dei surgelati, grande appassionato di musica e clarinettista della “Doctor Dixie Jazz Band”, dove incontra un giovanissimo Lucio Dalla a cui poi lascerà il posto, intuendone le straordinarie doti, Pupi è soprattutto amante delle pellicole horror e desideroso di mettersi alla prova dietro alla macchina da presa. Dopo i due insuccessi sembra che il sogno sia già un lontano ricordo, ma passati cinque anni il regista torna alla carica con un nuovo copione che pensa di affidare a Paolo Villaggio, il quale dopo la promessa di leggerlo scompare. Ma il nostro eroe è tosto e non molla, cercando di recapitare in seconda battuta lo scritto all’attore genovese – con un blitz a Torvaianica nella casa di Tognazzi – che promette nuovamente di prenderlo in considerazione. La divina provvidenza, che molte volte è scesa in suo aiuto, fa sì che il copione finisca per errore nella valigia di Ugo in partenza per Parigi. E proprio dalla Capitale francese arriva la telefonata dell’attore cremonese che interpreterà poi il film con una partecipazione del tutto gratuita.
Pupi è un fiume in piena ed i suoi occhi si illuminano quando ricorda l’incontro con la donna della sua vita, la timidezza nell’approccio, il passaggio in macchina e il colpo di genio – “Suggeritomi all’ultimo secondo dall’alto, forse per compassione” sottolinea il regista – che convince la ragazza a donargli un bacio e a distanza di un anno a diventare sua sposa.
Il pubblico vola con lui, plana, atterra, riparte, s’impenna, si commuove alle sue considerazioni sulle varie fasi della vita e sull’analisi di quella in cui lui è entrato.
“Quando si diventa vecchi torna la nostalgia per l’infanzia, s’incomincia a vedere il proprio passato come qualcosa di meraviglioso, e lì si intraprende un viaggio di ritorno che è contrassegnato dalla difficoltà a immaginarsi un futuro, ma al contempo dalla capacità di mascherarli tutti questi limiti che l’età avanzata porta con sé. Tu assomigli sempre di più al bambino che sei stato, riappaiono i pianti e le risa improvvise, la capacità di impressionarti e spaventarti, torna anche la voglia di gustare un gelato. In questo viaggio a ritroso puoi tornare a essere figlio, in quella situazione di vulnerabilità che è uno stato di grazia dell’essere umano. E l’immagine più bella che ho io di quando ero bambino è quella di entrare nella mia casa in via San Vitale 51, salire la scala, arrivare al primo piano, aprire la porta, percorrere il corridoio, raggiungere la cucina e trovare mia madre e mio padre che mi aspettano per la cena”.
Grazie Pupi! Ci hai regalato una serata che porteremo a lungo nel cuore.
Salvo Agosta
Questa l’intervista concessa da Pupi Avati a Salvo Agosta.