Il commovente incontro di Vera Vigevani Jarach con gli studenti di Chiavari e Sestri Levante

Vera Vigevani Jarach ha incontrato questa mattina, online, gli studenti di Chiavari e Sestri Levante.
L’incontro è stato organizzato dall’Ufficio Scuola della Diocesi di Chiavari, in collaborazione con l’Istituto Natta-De Ambrosis. Hanno partecipato anche studenti del Liceo Marconi-Delpino e dell’Istituto Tecnico di Chiavari. Nata a Milano nel 1928, Vera Vigevani Jarach emigrò con la famiglia in Argentina nel 1939 a causa delle leggi razziali. Lasciò in Italia il nonno materno, Ettore Felice Camerino, ucciso nel 1943. In Argentina ha lavorato per l’Ansa fino alla pensione. Nel 1976 sua figlia scomparve, per poi essere gettata da un aereo nel Rio de la Plata un mese dopo l’arresto. Solo recentemente Vera Vigevani Jarach ha conosciuto la verità su quanto accaduto alla figlia. Dal giorno della scomparsa della figlia la donna appartiene al movimento delle Madres de Plaza.
Di seguito pubblichiamo uno stralcio di quanto detto stamattina da Vera Vigevani Jarach agli studenti.
“Sono contenta della mia vita. Anche per mia figlia Franca. E’ vero che me l’hanno portata via, ma l’ho anche avuta. Allora, ragazzi, non arrendetevi mai. E poi un augurio: gli amici sono la cosa più preziosa che si ha nella vita. E gli amici bisogna saperli conservare, non bisogna disperdere questo dono. E allora vi auguro di avere buoni amici”
Nella Seconda guerra mondiale, da bambina, lei non ha subito la deportazione, ma ha patito le leggi razziali? Cosa si ricorda?
L’essere cacciata da scuola per me fu un trauma fortissimo. Quando avevo dieci anni mio padre, che era un avvocato, mi portò davanti al tribunale per spiegarmi cosa fosse la giustizia. Passarono pochi giorni e mi cacciarono dalla scuola. Ero piccola, ma mi ricordo che protestai subito: “Non questa la giustizia che mi hai insegnato”. Ho capito che era una grande ingiustizia. Ho capito quello che stava succedendo: come lo poteva capire un bambino di undici anni, ma l’ho capito. E da quel momento tutto cambiato. Vedi le preoccupazioni dei genitori, ti fai domande, che sono diverse da quelle di un bambino, e la tua infanzia finisce.
Che domande?
Perché ad una guerra tremenda ne succede un’altra e poi un’altra ancora? Che senso ha la vendetta? Capisci l’importanza della partecipazione. Da lì è nato probabilmente il mio impegno nella vita a decidere in ogni momento per la giustizia.
Giustizia, giustizia secondo Costituzione, che dopo la dittatura militare in Argentina avete aspettato pazienti
La vendetta non serve a niente, l’odio non serve a niente. Serve la giustizia vera, che abbiamo aspettato a lungo ma ragionando, lottando anche: perché per molti anni di processi non ce ne sono stati. Prima di essere testimone in un processo in Argentina lo sono stata in Italia, ma erano processi ‘speciali’ perché gli accusati non c’erano. Ma è stato importante, contro il silenzio.